Strategie brevettuali “Lean”: fare di più con meno

Nei precedenti articoli abbiamo parlato di come nel frenetico mondo delle startup, la proprietà intellettuale (PI) rappresenti un fattore cruciale per il successo. I brevetti, in particolare, sono spesso considerati il Santo Graal per proteggere invenzioni innovative e conquistare un vantaggio competitivo.

Tuttavia, la realtà per le startup è spesso più complessa, poiché la registrazione e il mantenimento dei brevetti possono richiedere ingenti somme di denaro, creando un ostacolo significativo per le startup con risorse limitate. Inoltre, non tutti i brevetti si traducono in un reale valore strategico e solo una piccola percentuale ottiene un impatto significativo sul mercato. La procedura di brevettazione è spesso intricata e richiede competenze legali specifiche, non sempre facilmente reperibili all’interno di una startup. 

A questo si aggiunga che, le informazioni concrete sull’effettivo ritorno sull’investimento (ROI) dei brevetti sono spesso scarse, rendendo difficile valutare il loro reale valore. 

Diviene pertanto fondamentale per le startup distinguere tra brevetti “strategici” e quelli meno significativi. I brevetti ad alto valore strategico alimentano la strategia aziendale, consentendo di implementare le strategie chiave e posizionarsi sul mercato in modo distintivo. Inoltre, generano ritorni tangibili, traducendosi in aumenti di ricavi significativi o impedendo l’ingresso di competitor sul mercato. Offrono anche un vantaggio competitivo solido, distinguendo l’azienda dai concorrenti e proteggendo le innovazioni che la rendono unica.

Per superare le sfide e ottimizzare le risorse, le startup possono adottare un approccio “lean” alla brevettazione, basato su principi di efficienza e lungimiranza. 

Questo approccio prevede la protezione mirata delle invenzioni con il più alto potenziale strategico e commerciale, evitando di disperdere risorse su idee meno promettenti. Inoltre, un approccio graduale consente – ove la legge nazionale lo consenta – di iniziare con domande di brevetto provvisorie per ottenere una protezione iniziale a costi contenuti, posticipando la registrazione definitiva a un momento successivo. 

Una valutazione e revisione continua della strategia brevettuale alla luce del feedback del mercato, delle evoluzioni aziendali e delle ultime tendenze nel settore è un’altra componente chiave dell’approccio lean. Difatti, il panorama tecnologico è in continua evoluzione, con nuove invenzioni e brevetti che emergono frequentemente e, pertanto, una valutazione continua permette di rimanere aggiornati sulle ultime tendenze del settore e identificare nuove opportunità di brevettazione. Si pensi ad una Startup che opera nel campo delle biotecnologie: con l’avanzare della ricerca medica e lo sviluppo di nuove terapie, la stessa deve monitorare costantemente le ultime innovazioni per avere contezza di cosa si possa o non si possa brevettare al fine di proteggere il proprio vantaggio competitivo.

Infine, la collaborazione esterna con esperti di proprietà intellettuale qualificati permette di ottimizzare il processo di brevettazione, sfruttando la loro conoscenza e competenza specifica. 

Adottare un approccio “lean” alla brevettazione offre alle startup una serie di vantaggi concreti, tra cui la riduzione dei costi, l’aumento dell’agilità e la massimizzazione del valore. Focalizzandosi sui brevetti con il più alto potenziale di ritorno sull’investimento, le startup possono ottimizzare le loro risorse limitate. Un approccio flessibile permette di adattare la strategia brevettuale alle mutevoli esigenze del mercato e alle nuove opportunità che si presentano. Proteggendo le invenzioni più critiche per il successo aziendale, le startup possono accrescere il proprio valore e attrarre investitori interessati. Le startup innovative che desiderano sfruttare appieno il potenziale della proprietà intellettuale non devono lasciarsi scoraggiare dalle sfide. Adottando una strategia brevettuale “lean”, basata su una valutazione accurata del valore strategico, su un approccio mirato e flessibile e sull’utilizzo efficiente delle risorse, le startup possono navigare il mare della proprietà intellettuale con successo, conquistare un vantaggio competitivo duraturo e massimizzare il valore per i propri stakeholder.

Cosa cercano gli investitori negli asset IP di una Startup?

Nel mondo dinamico delle startup, i fondi di venture capital o VC (di cui abbiamo parlato in questo articolo) giocano un ruolo fondamentale nel sostenere l’innovazione e la crescita. Quando valutano una startup, uno dei fattori chiave che considerano sono il portafoglio di asset di proprietà intellettuale di cui la startup è titolare e la gestione strategica dello stesso.

 Ma cosa cercano realmente questi investitori quando esaminano la strategia di IP di una startup? Scaviamo più a fondo per comprendere le loro aspettative e ciò che li spinge a investire.

Protezione delle Innovazioni e Attrazione degli Investimenti:

Innanzitutto, partiamo dal presupposto che i fondi di venture capital comprendono il valore intrinseco della proprietà intellettuale per una startup. Questa comprende brevetti, marchi, diritti d’autore e segreti commerciali. Essi sanno che una solida strategia di IP non solo protegge le innovazioni e l’identità del marchio, ma può anche creare un vantaggio competitivo sostenibile nel mercato. Quando valutano una startup, i VC cercano segni che dimostrino una consapevolezza della importanza della protezione della proprietà intellettuale.

Uno degli obiettivi principali dei fondi dei VC è quello di finanziare le startup che mostrano un potenziale significativo di crescita e successo nel mercato. Una strategia di proprietà intellettuale solida è un indicatore cruciale di questo potenziale. Gli investitori sono più inclini a finanziare startup con un solido portafoglio di IP e con un Innovation Plan ben delineato perché sono consapevoli del fatto che le privative industriali, se frutto di decisioni oculate, portano quasi sempre ad un vantaggio competitivo per la startup target. Inoltre, una solida strategia di IP può attrarre investimenti grazie alle opportunità di monetizzazione offerte attraverso licenze o vendite dirette.

Sviluppo di una Strategia Organizzata di Proprietà Intellettuale:

I fondi di venture capital apprezzano le startup che hanno una chiara strategia di IP ben strutturata. Questo significa Identificazione degli asset innovativi elencando tutte le innovazioni sviluppate dall’azienda, compreso il know-how e i marchi e Stabilire le priorità di protezione poiché la tutela della Proprietà Intellettuale può risultare eccessivamente costosa e finire con il tarpare le ali, oltre che la cassa, delle startup, soprattutto se early stage. Una startup che dimostra di avere una strategia organizzata di IP dimostra anche una predisposizione a gestire e proteggere le proprie risorse chiave senza però sottrarre risorse ad altri impieghi.

Ricerca di Anteriorità, libertà attuazione e Mitigazione dei Rischi:

I fondi di venture capital sono consapevoli dei rischi legali che possono derivare da una strategia di IP mal gestita. Pertanto, cercano startup che abbiano verificato che gli asset IP che vantano siano effettivamente i propri per garantire di non violare i diritti di proprietà intellettuale di altri. Troppo spesso le startup si lanciano sul mercato utilizzando – inconsapevolmente – marchi già registrati, con conseguenze disastrose: necessità di rebranding, controversie legali e danni reputazionali.

Una startup che dimostra di aver mitigato i rischi legali attraverso una ricerca accurata sul proprio portafoglio IP è più attraente per gli investitori, poiché questo riduce il potenziale per costose controversie legali.

Monitoraggio e Protezione Continua della Proprietà Intellettuale:

Un altro aspetto fondamentale di cui i VC tengono conto è quello della strategia di protezione della startup per i propri “gioielli di famiglia”. Una startup virtuosa dovrebbe, nei limiti  delle proprie disponibilità, valorizzare il proprio portafoglio IP monitorando e proteggendo attivamente la propria proprietà intellettuale nel tempo. Questo include la sorveglianza regolare del mercato per individuare potenziali violazioni e l’adempimento delle azioni necessarie per far rispettare i propri diritti. Una startup che dimostra un impegno continuo per la protezione della sua proprietà intellettuale indica agli investitori un livello di responsabilità e cura che è fondamentale per il successo a lungo termine.

Formazione del Team e Consulenza Legale:

Infine, i fondi di venture capital apprezzano le startup che comprendono l’importanza della proprietà intellettuale e che hanno un team adeguatamente formato e informato su questo argomento. Inoltre, consultare un avvocato specializzato in proprietà intellettuale può aiutare le startup a navigare nel complesso paesaggio legale e a sviluppare strategie efficaci di IP.

In conclusione, per attirare il sostegno finanziario dei fondi di venture capital, una startup deve dimostrare di avere una strategia di proprietà intellettuale solida, organizzata e ben strutturata. Gli investitori cercano segni di consapevolezza del valore della proprietà intellettuale, protezione delle innovazioni, mitigazione dei rischi legali, monitoraggio continuo e formazione del team. Una startup che soddisfa queste aspettative sarà più attraente per gli investitori e avrà maggiori possibilità di ottenere il sostegno finanziario necessario per crescere e avere successo nel mercato.

GESTIRE LA PROPRIETÀ INTELLETTUALE NELLE STARTUP EARLY STAGE

Nell’ambiente dinamico e competitivo delle startup, la proprietà intellettuale riveste un ruolo fondamentale nel garantire l’innovazione e proteggere gli investimenti. Queste giovani imprese spesso si basano su idee innovative e tecnologie all’avanguardia per differenziarsi sul mercato e ottenere vantaggio competitivo. In questo contesto, i diritti di proprietà industriale assumono un’importanza cruciale, consentendo alle startup di proteggere i propri asset intellettuali e di esclusiva, come brevetti, marchi e design. Questa protezione non solo garantisce il valore delle loro creazioni, ma può anche essere determinante per attrarre investimenti e partnership strategiche. In tal modo, la corretta gestione della proprietà intellettuale diventa un elemento chiave nella strategia di crescita e successo delle startup.

Le principali forme di tutela della proprietà intellettuale e industriale:

La tutela della proprietà intellettuale è cruciale per le startup, poiché garantisce la protezione delle loro innovazioni e la valorizzazione dei loro asset immateriali. Le forme di tutela più comuni includono:

  • Brevetti: Questi conferiscono al detentore il diritto esclusivo di sfruttare un’invenzione per un periodo determinato, solitamente vent’anni. I brevetti possono essere assegnati a invenzioni di processo, prodotto o design.
  • Copyright: Questo protegge le opere letterarie, artistiche e creative come libri, musica, film, software e altre opere originali. Garantisce al creatore il diritto esclusivo di riprodurre, distribuire e sfruttare commercialmente l’opera.
  • Marchi: I marchi identificano e distinguono i prodotti o servizi di un’azienda da quelli della concorrenza. Possono assumere forme come parole, loghi, slogan o suoni distintivi e proteggono l’identità e la reputazione di un’azienda.
  • Disegni o modelli industriali: Questi proteggono l’aspetto estetico o ornamentale di un prodotto, come la forma, i colori, i contorni o la texture. Sono utilizzati per proteggere l’aspetto visivo dei prodotti, come l’abbigliamento, i mobili o i gioielli.
  • Segreti commerciali: Questi includono informazioni riservate, come formule, processi, strategie di marketing o clienti, che conferiscono un vantaggio competitivo all’azienda. La protezione dei segreti commerciali implica mantenerli riservati e adottare misure di sicurezza, anche tramite accordi di riservatezza, per prevenirne la divulgazione non autorizzata.

Queste forme di tutela consentono alle startup di proteggere e valorizzare le loro creazioni, garantendo il vantaggio competitivo e la sostenibilità nel mercato.

L’importanza dell’Innovation Plan e come realizzarlo:

L’Innovation Plan costituisce un elemento cruciale nel percorso delle startup poiché non solo consente di massimizzare il valore della proprietà intellettuale, ma anche di gestire efficacemente i rischi associati alla sua violazione. Questo piano strategico implica una serie di passaggi metodici e articolati:

  1. Identificazione degli asset innovativi: Il primo passo consiste nell’elencare tutte le innovazioni sviluppate dall’azienda, compreso il know-how e i marchi. Molto spesso, soprattutto nelle startup early stage, i founder fanno ricorso a prestazioni di terzi che, tuttavia, non vengono regolarizzate con contratti contenenti clausole di cessione della proprietà intellettuale sviluppata, lasciando la titolarità della stessa in capo a terzi e non alla startup. Il processo di identificazione degli asset può inoltre essere facilitato, non solo attraverso l’assistenza di consulenti esperti nella tutela degli asset IP, ma anche attraverso la realizzazione di corsi sulla Proprietà Intellettuale per i dipendenti e l’instaurazione di un efficace percorso di comunicazione tra le persone che realizzano innovazione e i decisori. Inoltre, potrebbe essere utile istituire un sistema premiante di incentivi per incoraggiare l’innovazione da affiancare al più classico sistema deterrente, caratterizzato dalla previsione di accordi di riservatezza (Non Disclosure Agreement o NDA) da far sottoscrivere a dipendenti, collaboratori e partner strategici.
  2. Stabilire le priorità di protezione: Poiché la tutela della Proprietà Intellettuale può risultare costosa, è essenziale selezionare attentamente gli asset da proteggere. Per ogni tecnologia o innovazione, occorre decidere se è meglio depositare una domanda di brevetto, mantenere l’invenzione segreta e tutelarla attraverso NDA oppure pubblicarla. Questa decisione dovrebbe basarsi su una valutazione dettagliata dei seguenti fattori:
  • Unicità: Valutare la probabilità di concessione di una domanda di brevetto attraverso un’analisi della prior art e dei requisiti di brevettabilità, come la novità, l’attività inventiva e l’applicazione industriale.
  • Capacità distintiva: Verificare se è possibile rilevare facilmente l’eventuale contraffazione, soprattutto nel caso del software, per determinare se la brevettazione è la soluzione migliore da adottare.
  • Possibili alternative sul mercato: Esaminare se il brevetto tutela il miglior metodo per realizzare un prodotto di successo, rendendo impossibile l’imitazione da parte dei concorrenti.
  • Valore del prodotto: Valutare quanto l’invenzione contribuisce allo sviluppo complessivo del prodotto e quanto sia strategica per il business dell’azienda.

Valutazione complessiva: La decisione finale su quali asset proteggere dovrebbe essere il risultato di una valutazione complessiva, che non si basa su un punteggio predefinito, ma su un’analisi ponderata dei fattori sopra elencati. L’obiettivo è creare un piano efficace che permetta alla startup di convertire gli asset intangibili in Proprietà Intellettuale, massimizzando il valore per l’impresa e minimizzando i rischi di contraffazione e contenziosi legali. 

Un’attività di questo tipo, se portata avanti con efficienza e senza sprechi di risorse, porta con se in dote il vantaggio positivo di attrarre investitori e partnership strategiche che possano fornire fondi e opportunità commerciali alla Startup. Di questo tema parleremo in uno dei prossimi articoli.

T&C may appl-AI  (v.2.0)
Breve guida ai termini di utilizzo delle AI generative per i content creators

Esattamente un anno fa, mentre il mondo veniva scombussolato dal lancio di ChatGPT-3, avevamo pubblicato sul nostro blog una breve panoramica delle clausole di licenza della proprietà intellettuale sui contenuti generati dagli strumenti di AI Generativa più utilizzati. Oggi, a distanza di 12 mesi dallo scorso articolo e alla luce delle numerose cause in materia di copyright che hanno iniziato a imperversare il mondo dell’IA generativa, abbiamo deciso di aggiornare tale panoramica.

In questo contesto, diventa sempre più evidente l’importanza di una comprensione approfondita dei Termini e Condizioni (T&C) applicabili alle IA generative. La nostra breve guida fornirà un’analisi aggiornata dei T&C che circondano l’utilizzo delle IA generative, con un focus particolare sulle implicazioni legali che emergono dalle recenti cause, come quella tra il New York Times e OpenAI. La fluidità e la rapidità con cui queste questioni si evolvono richiedono un costante aggiornamento delle conoscenze per evitare possibili complicazioni legali.

Continuando da dove ci eravamo fermati l’anno scorso, esploreremo le clausole di licenza, la paternità creativa, la responsabilità e le dinamiche di collaborazione tra l’intelligenza artificiale e gli autori umani. Questa guida vuole essere uno strumento per navigare nel complesso scenario giuridico dell’IA generativa, fornendo consigli pratici e punti di riflessione per coloro che si avventurano nel mondo della creazione di contenuti in collaborazione con le “macchine intelligenti”.

  • OPENAI – DALL-E; CHATGPT (31 Gennaio 2024)

Questi due modelli sviluppati dalla Startup OpenAI probabilmente non hanno bisogno di presentazioni. ChatGPT è un modello conversazionale in grado di intrattenere conversazioni complesse, fornire informazioni e scrivere testi utilizzando il linguaggio naturale; Dall-E è un strumento di intelligenza artificiale capace di generare immagini a partire da descrizioni testuali.

I contenuti creati tramite questi due popolari strumenti sono soggetti alla stessa licenza, rilasciata da OpenAI.

In questo caso, proprio come un anno fa, la licenza prevede che “l’Utente è proprietario di tutti gli Input e, subordinatamente al rispetto da parte dell’Utente delle presenti Condizioni, OpenAI cede all’Utente tutti i propri diritti, titoli e interessi relativi agli Output.”  Tuttavia troviamo ancora le stesse eccezioni all’esclusività di tale licenza, in quanto OpenAI si riserva, in maniera molto generica, il diritto di “utilizzare i Contenuti come necessario per fornire e mantenere i Servizi, rispettare la legge applicabile e applicare le nostre politiche. L’utente è responsabile dei Contenuti, anche per quanto riguarda la garanzia che non violino alcuna legge applicabile o i presenti Termini”.

Novità significativa rispetto all’anno scorso, conseguente anche alla vicenda che aveva visto il blocco di ChatGPT in Italia per opera di un provvedimento dell’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali, è certamente l’introduzione della facoltà per l’utente di impedire a OpenAi, tramite un Optout, di allenare il proprio modello sui contenuti – siano essi input o output – immessi e generati dalla piattaforma.

  • MIDJOURNEY (22 Dicembre, 2023)

Altro, popolare, strumento di intelligenza artificiale capace di generare immagini a partire da descrizioni testuali.  

I vecchi termini e condizioni di Midjourney prevedevano che, in base alla licenza, l’utente fosse proprietario di tutte le risorse create con i servizi. Tuttavia, esisteva un’importante eccezione per gli utenti non a pagamento, i quali ricevevano una Licenza Internazionale Creative Commons Non Commerciale 4.0 Attribuzione sugli output finali. Ciò significava che i contenuti potevano essere utilizzati solo se venivano rispettati determinati requisiti, tra cui menzionare la paternità dell’opera, fornire un link alla licenza e indicare eventuali modifiche. Inoltre, l’utilizzo doveva essere non commerciale. 

I nuovi termini e condizioni di Midjourney stabiliscono che l’utente è proprietario delle risorse create con i servizi nella misura massima consentita dalla legge applicabile. Tuttavia, ci sono alcune eccezioni, come la soggezione della proprietà dell’utente agli obblighi contrattuali e ai diritti di terzi. Inoltre, nel caso in cui l’Utente sia un’azienda con un fatturato superiore a 1.000.000 USD all’anno, è necessario sottoscrivere un piano “Pro” o “Mega” per possedere le risorse create. Infine, se si “ingrandiscono” le immagini di altri, queste rimangono di proprietà dei creatori originali. 

Questi nuovi termini riflettono un approccio più specifico e dettagliato rispetto ai vecchi, con un’attenzione particolare alle condizioni di utilizzo per utenti aziendali e al rispetto dei diritti di terzi.

Inoltre, nei nuovi termini e condizioni di Midjourney, si specifica che utilizzando i Servizi, l’Utente concede a Midjourney, ai suoi successori e cessionari una licenza di copyright perpetua, mondiale, non esclusiva, sub-licenziabile, gratuita e irrevocabile. Questa licenza consente a Midjourney di riprodurre, preparare lavori derivati, visualizzare pubblicamente, eseguire pubblicamente, sub-licenziare e distribuire le richieste di testo e di immagini inserite dall’Utente nei Servizi, così come qualsiasi Attivo prodotto dall’Utente attraverso il Servizio. Importante sottolineare che questa licenza sopravvive alla risoluzione del presente Contratto da parte di qualsiasi soggetto, per qualsiasi motivo. Questo aggiornamento enfatizza il fatto che Midjourney acquisisce ampi diritti sulle risorse create dagli utenti attraverso i Servizi, anche dopo la cessazione del contratto.

  • STABLE DIFFUSIONS WEB (20 Agosto2022)

Stable Diffusion è un modello di apprendimento automatico profondo pubblicato nel 2022, utilizzato principalmente per generare immagini dettagliate a partire da descrizioni di testo.

In questo caso, l’art. 6 della Licenza si limita a dire che “il Licenziante, non rivendica alcun diritto sull’Output generato dall’utente utilizzando il Modello. L’utente è responsabile dell’output generato e dei suoi successivi utilizzi.” All’utente è dunque riconosciuta la disponibilità del contenuto generato. Vi sono tuttavia alcune eccezioni. Infatti, al periodo successivo, la licenza statuisce che “nessun uso dell’output può contravvenire alle disposizioni della Licenza (Allegato A)” rimandando ad un elenco di utilizzi illeciti dell’Output poiché potenzialmente dannosi nei confronti di terzi.

Concludendo giova sottolinerare come sia fondamentale per i creatori di contenuti comprendere appieno il panorama legale che circonda l’utilizzo delle IA generative, garantendo una collaborazione armoniosa e rispettosa dei diritti di tutte le parti coinvolte, evitando così di incappare in responsabilità civili per violazione del diritto d’autore di terzi.

Il Potenziale e le Sfide della Legge sul Diritto d’Autore nell’era dell’AI

Il ruolo del Text and Data Mining nell’economia dei dati

A partire dal 12 dicembre 2021, la Legge sul diritto d’autore (L. 22 aprile 1941 n. 633) ha integrato due specifiche disposizioni, di cui agli articoli 3 e 4 della Direttiva Direttiva Copyright 2019/790/UE, relative al Text and Data Mining (TDM) – un metodo automatizzato per analizzare i contenuti digitali. Questa pratica è diventato centrale in molteplici settori dell’economia dei dati, dalla ricerca farmaceutica all’applicazione dell’Intelligenza Artificiale (IA) e dei Big Data. Esaminiamo quindi di seguito, l’introduzione nella legge sul diritto d’autore dei nuovi articoli 70-ter e 70-quater, l. 633/1941 (di seguito anche “Legge Autore”),

Definizione e importanza del TDM per l’Unione Europea

Il TDM, definito dall’art. 70 ter della legge come “qualsiasi tecnica automatizzata volta ad analizzare grandi quantità di testi, suoni, immagini, dati o metadati in formato digitale con lo scopo di generare informazioni, inclusi modelli, tendenze e correlazioni”, è fondamentale per il progresso dell’economia dei dati e, di conseguenza, per la crescita del mercato unico digitale dell’Unione Europea.

Interferenze del TDM con il diritto d’autore

Tuttavia, l’estrazione automatizzata di dati – un’attività tipica del TDM – può interferire con il diritto d’autore e i diritti correlati. Infatti, il processo di TDM solitamente implica la riproduzione temporanea delle fonti utilizzate, che potrebbero includere opere protette o parti significative delle banche dati utilizzate. Questo potrebbe rappresentare una violazione del diritto esclusivo di riproduzione, secondo l’art. 13 della legge sul diritto d’autore, e potrebbe anche contraddire il diritto del creatore di un database di proibire l’estrazione o il riutilizzo dell’intero database o di una parte sostanziale di esso.

Riforma del diritto d’autore nell’Unione Europea

Nonostante queste sfide, l’Unione Europea ha deciso di riformare il settore, introducendo eccezioni e limitazioni al diritto d’autore obbligatorie per ogni Stato Membro. Queste sono state implementate nell’art. 70 ter e 70 quater della legge sul diritto d’autore. Queste disposizioni, recependo pedissequamente il contenuto degli art. 3 e 4 della nuova direttiva Copyright, permettono l’estrazione di dati da fonti e database a cui si ha legalmente accesso, senza alcuna necessità di autorizzazione da parte dei titolari dei diritti d’autore o dei diritti sui generis sui database.

Differenze tra l’art. 70 ter e 70 quater

Le due norme appena citate hanno tuttavia ambiti di applicazione differenti. Mentre l’art. 70 ter si applica esclusivamente all’estrazione per scopi scientifici da parte di organizzazioni di ricerca e istituti di tutela del patrimonio culturale, l’art. 70 quater consente l’estrazione di testo e dati in generale, da parte di chiunque, anche per scopi di lucro.

Protezione dei diritti sui database digitali

Questo scenario complica la protezione dei diritti esclusivi sui database digitali, con un impatto maggiore sul diritto sui generis del creatore del database rispetto al diritto d’autore. Tuttavia, ci sono misure che possono essere adottate per proteggere i database, tra cui limitare l’accesso e utilizzare l’opzione di opt-out prevista dall’art. 70 quater della legge sul diritto d’autore. Questa opzione permette ai titolari dei diritti di riservare l’uso delle opere e dei materiali riprodotti nell’ambito dell’attività di text and data mining, a meno che non sia espressamente indicato.

Utilizzo dell’opzione di opt-out

Nonostante l’incertezza su come esercitare correttamente l’opt-out, ci sono diversi strumenti che possono essere utilizzati. Ad esempio, un software può tecnicamente riconoscere un opt-out espresso nei termini d’uso di un sito, il che potrebbe essere considerato un modo appropriato per esprimere la riserva menzionata nell’art. 70 quater. Inoltre, l’uso di strumenti informatici come un file robots.txt potrebbe fornire una protezione più efficace per i titolari dei diritti.

L’equilibrio tra l’innovazione e la protezione dei diritti d’autore

In conclusione, mentre il Text and Data Mining rappresenta un’opportunità enorme per l’avanzamento della ricerca e lo sviluppo dell’economia dei dati, è importante che i diritti d’autore e i diritti correlati siano adeguatamente tutelati. Questo richiede un equilibrio attento tra la necessità di proteggere la proprietà intellettuale e l’importanza di mantenere la competitività del mercato europeo. Le disposizioni recentemente introdotte nella legge sul diritto d’autore rappresentano un passo importante in questa direzione, ma è fondamentale che le questioni rimanenti vengano risolte per garantire la protezione efficace dei diritti d’autore nell’era del Text and Data Mining.

Lo sfruttamento commerciale delle opere di pubblico dominio e il codice dei beni culturali: il caso Ravensburger.

Il tema dell’utilizzo commerciale di opere d’arte di pubblico dominio è stato al centro di una recente controversia legale tra le Gallerie dell’Accademia di Venezia e le aziende tedesche Ravensburger AG, Ravensburger Verlag GMBH e la loro sede italiana, rappresentata da Ravensburger S.r.l. La questione riguardava l’utilizzo dell’immagine dell’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci, un’opera di pubblico dominio conservata presso le Gallerie dell’Accademia di Venezia, per produrre e vendere puzzle senza autorizzazione o pagamento di un corrispettivo.

L’ordinanza emanata dal tribunale di primo grado di Venezia, che ha vietato ai convenuti di utilizzare l’immagine dell’opera a fini commerciali e li ha condannati al pagamento di una penale di 1.500 euro al giorno in caso di ritardo nell’esecuzione dell’ordinanza cautelare, ha suscitato molte perplessità e domande sull’applicazione del concetto di pubblico dominio e sulla compatibilità delle leggi italiane con quelle europee in materia di diritto d’autore.

In primo luogo, è importante chiarire il significato di pubblico dominio. Si tratta di un insieme di opere artistiche, letterarie, scientifiche e tecnologiche che non sono più soggette alla protezione del diritto d’autore, in quanto il periodo di tutela previsto dalla legge è scaduto o perché l’autore ha scelto di non tutelarle. Le opere di pubblico dominio, almeno astrattamente, possono essere utilizzate liberamente da chiunque, senza bisogno di richiedere autorizzazioni o pagare corrispettivi. 

Difatti, l’art. 14 della Direttiva (UE) 2019/790 dispone che: “Gli Stati membri provvedono a che, alla scadenza della durata di protezione di un’opera delle arte visive, il materiale derivante da un atto di riproduzione di tale opera non sia soggetto al diritto d’autore o a diritti connessi.”

Tuttavia, il caso del puzzle della Ravensburger raffigurante l’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci dimostra che l’applicazione pratica del concetto di pubblico dominio può essere più complessa di quanto si pensi. Soprattutto qualora vi siano norme nazionali in aperto contrasto con i principi Comunitari. 

Infatti, in quella che sembrerebbe essere una norma in netto contrasto con il principio su esposto, secondo il Codice dei Beni Culturali Italiano, le riproduzioni digitali fedeli di opere del patrimonio culturale – comprese quelle di pubblico dominio – possono essere utilizzate a fini commerciali solo dietro autorizzazione e pagamento di un corrispettivo. 

Ciò significa che le istituzioni culturali che custodiscono opere di pubblico dominio hanno il diritto di richiedere autorizzazioni e corrispettivi per l’utilizzo commerciale delle riproduzioni digitali fedeli delle opere, anche se queste non sono più gravate da diritto d’autore. Pertanto, la decisione di richiedere l’autorizzazione e il pagamento di un compenso è lasciata alla discrezione di ciascuna istituzione culturale, come previsto dagli articoli 107 e 108 del Codice dei Beni Culturali. 

Preme da ultimo sottolineare come il caso in esame non sia un evento isolato, è infatti di solo pochi mesi fa il caso del Museo degli Uffizi che ha fatto partire un’azione legale contro una nota casa di moda francese per illecita riproduzione dell’immagine della Venere di Botticelli.

In conclusione, occorre rilevare come questi casi siano destinati a lasciare dietro di sé numerose questioni etiche oltre che giuridiche come la grande incertezza sull’uso del patrimonio culturale nell’intero mercato unico, il rischio di ostacolare la creatività degli artisti, e un dominio pubblico ridotto e impoverito. Per affrontare questi problemi, ci si augura che la Corte di giustizia europea abbia presto l’opportunità di chiarire che il pubblico dominio non può essere limitato, specialmente, da norme estranee al diritto d’autore e ai diritti connessi, che compromettono il chiaro intento del legislatore europeo di sostenere il pubblico dominio.

Brevetto Europeo con effetto Unitario

Il titolo di brevetto e il nuovo regime del “Brevetto Unitario”

La nostra civiltà è caratterizzata da una continua evoluzione generata dalla costante opera d’ingegno dell’uomo, che consente di plasmare la realtà tendendo a migliorare le vantaggiose condizioni finora raggiunte. Dal punto di vista giuridico l’invenzione ha il compito di spiegare come si ottiene tecnicamente un nuovo risultato utile, che arricchisce la conoscenza collettiva. 

Il prezioso contributo apportato dall’inventore stimola la comunità a “retribuirlo”, accordandogli il diritto di escludere altri dallo sfruttamento dell’invenzione per un periodo di tempo determinato. La durata tiene conto del tempo necessario per remunerare lo sforzo impiegato, senza disincentivare il generale sviluppo tecnologico.  

Risulta questa la ratio dell’istituto del brevetto che l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) specifica attribuibile solo ad innovazioni tecnologiche con applicazione industriale, che si presentano come soluzioni nuove, originali e concrete di un problema tecnico.

Secondo il principio di territorialità questo diritto di esclusiva ha efficacia solo nell’ambito dello Stato che lo ha rilasciato. Pertanto, un inventore (singolo, impresa o istituzione) se è interessato a sfruttare il brevetto solo nel territorio nazionale potrà depositare la domanda preso l’UIBM seguendo le procedure previste. Se, invece, è interessato a proteggere l’invenzione in più Stati membri, potrà effettuare la richiesta di brevetto presso l’Ufficio Europeo dei Brevetti (UEB), tramite gli uffici nazionali competenti. In tal caso, il titolare dell’invenzione con un’unica domanda potrà ottenere il riconoscimento del diritto di privativa negli Stati da lui designati, aderenti alla Convenzione sul brevetto europeo (European Patent Convention – EPC). Una volta convalidata la procedura, verrà rilasciato un fascio di brevetti aventi efficacia nei Paesi scelti, ciascuno dei quali in materia di contraffazione sarà sottoposto alle singole norme nazionali. 

L’attuazione di questo sistema, la complessità e i costi elevati connessi al deposito e al mantenimento in vita del brevetto, risultano generare un notevole svantaggio competitivo per le imprese, che preferiscono ottenere un diritto di privativa presso un numero limitato di Paesi, esponendo l’invenzione ai rischi di sfruttamento altrui. 

Per ovviare a tali inconvenienti l’UE ha approvato una serie di misure legislative aventi l’obiettivo di creare una protezione brevettuale unitaria. Il risultato è stata l’istituzione del brevetto europeo con effetto unitario (c.d. brevetto unitario), avente l’obiettivo di garantire, dietro il pagamento una singola tassa, un unico e uniforme diritto di privativa estendibile contemporaneamente a un numero massimo di 25 Stati membri. Oltre a semplificare la procedura di rilascio e ad alleggerire i costi, la tutela del brevetto unitario risulta uniforme per ogni Paese e soggetta alla giurisdizione del Tribunale Unificato dei Brevetti, evitando l’eventuale avvio di contenziosi paralleli nelle diverse giurisdizioni nazionali.

La disciplina del brevetto unitario non è prevista in sostituzione a quella del brevetto europeo, bensì in affiancamento, lasciando al titolare dell’invenzione la scelta di quale livello di privativa richiedere. Si tratta quindi di una valutazione strategica basata su diversi fattori, tra i quali ad esempio i mercati d’interesse. 

Tale sistema potrà essere operativo solo dopo l’entrata in vigore dell’Accordo istitutivo del Tribunale Unificato dei Brevetti (TUB), prevista per giugno 2023. 

Al fine di adeguare le attuali norme alla nuova disciplina, il 1° aprile 2023 inizierà il periodo c.d. sunrise durante il quale i titolari di una domanda o di un brevetto europeo dovranno decidere se esercitare l’opzione c.d. Opt-Out, attraverso la quale è possibile impedire l’automatica attribuzione della competenza in materia di controversie al TUB, lasciando la giurisdizione ai tribunali dei singoli Paesi.

Note
  1. Ai sensi dell’art. 45 CPI.
  2. Redatta in una lingua a scelta tra inglese, francese e tedesco.
  3. La Convenzione regola una disciplina comune agli Stati contraenti in materia di concessione del brevetto europeo e istituisce un’Organizzazione europea dei brevetti che ha il compito di concedere il diritto di privativa tramite l’Ufficio Europeo dei Brevetti.
  4. Regolamento UE n. 1257/2012, relativo ad una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria; Regolamento UE n. 1260/2012 relativo ad una cooperazione rafforzata con riferimento al regime di traduzione applicabile; Accordo che istituisce il Tribunale Unificato dei brevetti per la composizione delle controversie relative ai brevetti europei e ai brevetti europei con effetto unitario.
  5. I Paesi che attualmente partecipano al regime del brevetto unitario sono 17: Austria, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia e Svezia. Altri 7 Stati si aggiungeranno a seguito del completamento di alcune procedure legislative richieste: Cipro, Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria, Irlanda, Romania e Slovacchia.   
  6. Occorre evidenziare che inizialmente, in base agli Stati che hanno recepito l’Accordo del Consiglio n. 2013/C 175/01, ci saranno diverse generazioni di brevetti unitari con una diversa copertura territoriale che resterà invariabile per tutta la durata del diritto di privativa.
  7. In caso di brevetti co-intestati a due o più titolari, come accade ad esempio per i brevetti sviluppati in ambito collaborativo fra impresa ed università, un punto di attenzione risiede nel fatto che la scelta di Opt-Out deve essere fatta da tutti i titolari del brevetto.
  8. Il Tribunale Unificato dei Brevetti, infatti, una volta istituito, avrà giurisdizione insieme ai tribunali nazionali sulle controversie riguardanti sia brevetti unitari che brevetti europei, per un periodo transitorio (7 anni).

Terms & conditions may Appl-AI

Breve guida ai diritti IP per chi usa i tool di intelligenza artificiale generativa

Se dovessimo concentrare l’ultimissimo trend del mondo tech (e non solo) in un solo concetto, probabilmente questo sarebbe “Intelligenza artificiale”, o meglio, “intelligenza artificiale generativa”.

Nello specifico, l’IA generativa è una definizione ampia che viene utilizzata per descrivere qualsiasi tipo di intelligenza artificiale che utilizza algoritmi di apprendimento non supervisionati per creare nuove immagini digitali, video, audio, testo o codice. Ne sono un esempio tool come Dall-E o ChatGPT, ormai di uso comune, che a partire da istruzioni verbali (input) possono generare immagini, testi, stringhe di codice o video (output).

A dimostrazione del potenziale utilizzo di massa di questi strumenti abbiamo visto come negli ultimi mesi i feed dei social network si siano riempiti da una moltitudine di illustrazioni realizzate con Midjourney o Stable Siffusion, e più recentemente di screenshot catturati da conversazioni con ChatGPT.

Mentre in molti si interrogano sulle questioni etiche e morali relative all’utilizzo di tali strumenti, in pochi danno altrettanta importanza ai diritti di copyright e più in generale di proprietà intellettuale che questi strumenti garantiscono sui contenuti da essi generati. Nel prosieguo abbiamo cercato di analizzare brevemente le licenze di alcuni di questi strumenti per capire quali sono gli utilizzi consentiti.

Stable diffusion

Stable Diffusion è un modello di apprendimento automatico profondo pubblicato nel 2022, utilizzato principalmente per generare immagini dettagliate a partire da descrizioni di testo.

In questo caso, l’art. 6 della Licenza si limita a dire che “il Licenziante, non rivendica alcun diritto sull’Output generato dall’utente utilizzando il Modello. L’utente è responsabile dell’output generato e dei suoi successivi utilizzi.” All’utente è dunque riconosciuta la disponibilità del contenuto generato. Vi sono tuttavia alcune eccezioni. Infatti, al periodo successivo, la licenza statuisce che “nessun uso dell’output può contravvenire alle disposizioni della Licenza (Allegato A)” rimandando ad un elenco di utilizzi illeciti dell’Output poiché potenzialmente dannosi nei confronti di terzi.

OpenAI – Dall-E 2; ChatGPT-3

Questi due modelli sviluppati dalla Startup OpenAI probabilmente non hanno bisogno di presentazioni. ChatGPT è un modello conversazionale in grado di intrattenere conversazioni complesse, fornire informazioni e scrivere testi utilizzando il linguaggio naturale; Dall-E è un strumento di intelligenza artificiale capace di generare immagini a partire da descrizioni testuali.

I contenuti creati tramite questi due popolari strumenti sono soggetti alla stessa licenza, rilasciata da OpenAI.

Sulla base della licenza “l’Utente è proprietario di tutti gli Input e, subordinatamente al rispetto da parte dell’Utente delle presenti Condizioni, OpenAI cede all’Utente tutti i propri diritti, titoli e interessi relativi agli Output.” Anche qui, dunque, tuttavia troviamo alcune eccezioni all’esclusività di tale licenza, infatti OpenAI si riserva, in maniera molto generica, il diritto di “utilizzare i Contenuti come necessario per fornire e mantenere i Servizi, rispettare la legge applicabile e applicare le nostre politiche. L’utente è responsabile dei Contenuti, anche per quanto riguarda la garanzia che non violino alcuna legge applicabile o i presenti Termini”.

Midjourney

Altro, popolare, strumento di intelligenza artificiale capace di generare immagini a partire da descrizioni testuali. Attualmente è disponibile in versione beta su Discord.

In base alla licenza “l’Utente è proprietario di tutte le Risorse create con i Servizi.” Vi è tuttavia un’eccezione di assoluta importanza di cui occorre necessariamente tenere conto.

Nello specifico, i termini di servizi prevedono che, nei casi in cui l’utente non sia un utente a pagamento, gli sia conferita una Licenza Internazionale Creative Commons Non Commerciale 4.0 Attribuzione sugli Output finali. Pertanto i contenuti potranno essere utilizzati solo allorché soddisfino i seguenti requisiti:

  1. venga menzionata la paternità dell’opera, venga fornito un link alla licenza e venga indicato se sono state effettuate delle modifiche;
  2. l’utilizzo non può essere di tipo commerciale.

Concludiamo questa breve e certamente non esaustiva panoramica sulle licenze dei contenuti generati dall’AI con un monito  di Chatgpt-3 sull’importanza di leggere i termini e condizioni di questi strumenti.

È importante leggere i termini e le condizioni degli strumenti di IA generativa, perché delineano i diritti e le responsabilità dell’utente e del fornitore. Tra queste figurano informazioni sull’utilizzo dei dati, sulla proprietà intellettuale e sulle limitazioni di responsabilità. La mancata comprensione e il mancato rispetto dei termini e delle condizioni possono comportare problemi legali o etici. Inoltre, la comprensione dei termini e delle condizioni può aiutare l’utente a prendere decisioni informate sull’uso appropriato dello strumento” (cit. ChatGPT-3).

NFT e Proprietà intellettuale: una relazione di alti alti e bassi

L’avvento della tecnologia blockchain e con essa la possibilità di creare oggetti digitali “unici”, come gli NFT, ha sollevato molte questioni legali, tra queste spiccano sicuramente quelle riguardanti i diritti di proprietà intellettuale, in particolare il diritto d’autore.

Cosa è un NFT?

In primo luogo, e prima di proseguire con l’articolo, vale la pena soffermarsi sulla nozione di NFT. Non tutti sanno che NFT è l’acronimo di “Non-Fungible Tokens, dove non-fungibile sta a significare non intercambiabile, cioè un bene che è considerato nella sua identità e perciò non è sostituibile con un altro bene. Facciamo un esempio: un euro, che è un bene fungibile, equivale ad un altro euro; un Banksy invece, pur essendo un’opera d’arte contemporanea, non equivale ad un Basquiat.

Dunque, gli NFT trasformano le opere d’arte digitali e altri oggetti da collezione in beni unici, identificabili e verificabili nella loro identità. In questo modo gli NFT possono rappresentare anche oggetti del mondo reale come dipinti, brani, vestiti, borse ecc. Possono essere creati (rectius “mintati”) sulla base di qualsiasi opera e vengono comprati e venduti online, spesso attraverso l’utilizzo di criptovalute.

Di conseguenza, gli NFT vengono utilizzati per creare scarsità digitale verificabile, proprietà digitale e/o possibilità di interoperabilità delle risorse su più piattaforme, fungendo da “certificato di proprietà”. Questo certificato conferisce, dunque, un valore economico e un’attrattiva al supporto digitale di un’opera, grazie al suo carattere unico e non replicabile.

Proprietà intellettuale e NFT: rischi e opportunità

I vantaggi che gli NFT portano con sé sono molteplici, come si è detto poc’anzi, offrono l‘opportunità di conferire alle opere d’arte digitali unicità, incrementandone quindi il valore. In secondo luogo, l’utilizzo combinato di smart contract ed NFT permette di automatizzare il processo di gestione delle royalties, garantendo e tutelando i titolari dei diritti di proprietà intellettuale.

Un altro vantaggio derivante dall’uso della tecnologia Blockchain, che vale non solo per il settore dell’arte, ma per qualsiasi campo che coinvolga la proprietà intellettuale, è che la titolarità dei diritti, così come le licenze, sono trasparenti e accessibili a tutti gli utenti della blockchain. In questo modo si facilita l’accesso alla cronologia dei trasferimenti della proprietà e si può rendere più efficiente il lavoro delle società di gestione collettiva.

Premessi i vantaggi preme comunque fare alcune considerazioni sui rischi e sulle zone d’ombra derivanti dalle violazioni che gli NFT possono comportare nei confronti dei titolari di diritti d’autore e di proprietà intellettuale.

Con il sempre crescente numero di NFT mintati, c’è il rischio di altrettante violazioni dei diritti, che possono riguardare sia i diritti morali dell’artista che i diritti di sfruttamento economico del titolare. A tal proposito, occorre sottolineare come i “falsi” siano diventati un problema crescente sui marketplace di NFT.

Sebbene nuovi strumenti stiano cercando di cambiare la situazione, ad esempio utilizzando l’intelligenza artificiale per individuare le violazioni della proprietà intellettuale, gli NFT “contraffatti” o “non autorizzati”, che nella maggior parte dei casi costituiscono una violazione del copyright rappresentano sicuramente un grave problema.

Inoltre, per quanto riguarda l’applicazione della legge, la natura decentralizzata della DLT solleva questioni relative alla legge applicabile, alla giurisdizione e alle autorità competenti. A questo va aggiunto che, da un punto di vista pratico, l’applicazione è difficile nei casi in cui l’identità del trasgressore è sconosciuta.

Per questo motivo è sempre buona prassi monitorare costantemente i marketplace di NFT (tra i più importanti: OpenSea e Nifty) al fine di contrastare attività che possano danneggiare i diritti di proprietà intellettuale.

La tutela del brand tramite la registrazione del marchio: un vademecum

Cos’è un marchio®?

Il marchio d’impresa è un nome, un simbolo o, più genericamente, un segno la cui funzione è quella di collegare il prodotto o il servizio erogato ad una specifica realtà imprenditoriale in modo da distinguerlo da prodotti o servizi identici o simili forniti da altre aziende.

Registrare il marchio permette al suo titolare di esercitare un uso esclusivo sul proprio brand dando al contempo la possibilità di impedirne un utilizzo non autorizzato nel territorio in cui ne è stata chiesta la registrazione. Il marchio occupa dunque una funzione fondamentale nella strategia di marketing dell’impresa, creando un legame univoco tra azienda e destinatario dei prodotti o servizi che l’azienda propone.

L’ambito di registrazione: i prodotti e servizi

Abbiamo visto come la registrazione del marchio conferisce al suo titolare il diritto di esclusiva sul suo utilizzo. Tuttavia, questa esclusiva non è valida per tutti i prodotti e servizi esistenti bensì solo su quei prodotti e servizi individuati preventivamente al momento della presentazione della domanda.  A tale scopo esiste una classificazione internazionale (la cosiddetta classificazione di Nizza) che identifica 45 classi tra prodotti e servizi. Quando si richiede la registrazione di un marchio, è necessario “associare” il proprio marchio ad almeno una classe di prodotti e servizi.

Se una di queste classi viene omessa, un terzo può registrare liberamente un marchio per la classe non specificata.

Per questo motivo è fondamentale individuare sin dall’inizio in quale classe ricade il prodotto o servizio che si intende offrire al mercato.

Dove e come registrare il marchio

Una volta individuate le classi  il passo successivo sarà quello di identificare lo stato o gli stati in cui si intende fare domanda per la registrazione del proprio marchio. Proprio come la scelta delle classi, l’individuazione del territorio in cui si vuole richiedere la registrazione è una fase prodromica e cruciale nell’iter di registrazione del marchio per due ordini di motivi. Il primo ordine di motivi è relativo alla territorialità del marchio, per cui la mancata registrazione del marchio in un determinato paese comporta che lo stesso possa essere liberamente registrato da terzi. La scelta degli stati target dipenderà fondamentalmente dal tipo di circolazione geografica del prodotto o servizio al momento della registrazione e dalle previsioni aziendali nel medio termine.

Il secondo ordine di motivi è relativo ai requisiti di registrabilità che possono variare in base al territorio che si sceglie. Ogni Paese, infatti, ha procedure e tasse specifiche per la registrazione del marchio all’interno del suo territorio.  Senza un’approfondita analisi di questi requisiti si rischierebbe di veder rigettata la propria domanda, con la conseguente perdita delle risorse spese per la procedura.

Requisiti e caratteristiche del marchio

Affinché il marchio possa esser registrato deve rispettare i seguenti requisiti:

  • Liceità: non deve essere contrario alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume. Non deve essere idoneo ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi.
  • Distintività: Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni privi di carattere distintivo e in particolare quelli costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono.
  • Originalità: è cruciale assicurarsi, tramite una ricerca di anteriorità, che non esista un marchio registrato identico o simile a quello che si intende registrare, in quanto il marchio deve essere l’identità dell’azienda per garantire la qualità e l’origine dei suoi prodotti e servizi.

Una volta soddisfatti questi requisiti tutti i segni rappresentabili possono costituire marchi, siano essi parole, nomi, disegni, lettere, numeri, colori, forme o suoni dei prodotti o della loro confezione, purché tali segni siano idonei a distinguere i prodotti o servizi di un’azienda da un’altra; e essere chiaramente enunciato nel registro in modo che l’oggetto della protezione accordata al titolare sia identificato in modo chiaro e preciso.

 

I professionisti di Aiternalex adottano un approccio strategico alla protezione dei marchi, seguendo i propri clienti dalla fase di progettazione fino a quella di gestione e sfruttamento del proprio portafoglio marchi nazionali e internazionali.