Cosa ci ha insegnato il caso FTX?

Il 6 novembre 2022, CZ, CEO di Binance, tramite un tweet dichiara di voler liquidare tutti i suoi FTT (FTX Token), successivamente alla notizia secondo la quale gran parte delle riserve di FTX fossero conservate proprio sotto forma del token nativo dell’exchange stesso.
Senza entrare nel dettaglio del perché questo avrebbe costituito serio rischio di insolvenza, l’11 novembre, dopo giorni in cui gli utenti provavano invano a prelevare i propri fondi, veniva ufficialmente dichiarata la bancarotta. Quando ciò accade viene nominato un curatore fallimentare, il quale è incaricato di ripianare i debiti della società liquidandone patrimonio, al fine di ripartire gli asset residui della società tra i creditori.
Ma facciamo un passo indietro. Perché non c’è stato l’intervento di ente europeo finalizzato alla tutela degli utenti europei?


IL CASO
Pochi mesi prima del crash, FTX aveva aperto una filiale europea (FTX EU) alla quale avrebbero dovuto intuitivamente fare capo tutti gli utenti europei. Nonostante fosse stato notificato tramite mail il passaggio ad FTX EU, tutti gli utenti iscritti ad FTX prima della nascita della filiale sono poi risultati essere rimasti clienti di FTX International, non potendo dunque ricevere tutele da parte delle autorità di vigilanza dell’unione europea sotto la direttiva MiFID.
Nel caso specifico, FTX EU risultava aver ricevuto l’accreditazione presso la CySEC, l’autorità di vigilanza di Cipro; pertanto, come recita la Consob, “sulla base della disciplina eurounitaria in materia di servizi di investimento, è la CySEC (e non la Consob) l’autorità competente a vigilare nei confronti della citata FTX EU Ltd, anche per l’attività svolta in Italia (essendo la stessa notificata dall’autorità cipriota a operare nel nostro paese esclusivamente nella modalità della libera prestazione di servizi).”
Nonostante nell’ambito della procedura di bancarotta (Chapter 11 dell’U.S. Bancrupcty Code), FTX EU abbia avviato il processo di restituzione dei fondi ai clienti (ad oggi ancora in pending), in caso di esito negativo eventuali reclami sarebbero successivamente presi in carico dal Financial Ombudsman cipriota, il quale avrebbe il compito di risarcire i clienti dei fondi mancanti, fino ad un tetto massimo di Euro 20.000 per i clienti retail per gli strumenti finanziari previsti dalla MiFID II.
Per quel che riguarda invece i clienti rimasti sotto l’ala di FTX International, anche quest’ultimo ha avviato il medesimo processo di restituzione dei fondi di cui sopra, con la grande differenza che, qualunque fosse l’esito finale, non subentrerebbe alcuna tutela da parte dell’unione europea.


CONSIDERAZIONI
Quando si opera sui mercati finanziari, cryptovalute comprese, una delle prime cose da considerare è quella di valutare l’affidabilità e la sicurezza dell’intermediario.

La maniera più sicura ed efficiente è verificarne la presenza nell’elenco dei soggetti autorizzati dalla Consob, o comunque, come accennato nel paragrafo precedente, tra i soggetti autorizzati dalle autorità competenti dei Paesi aderenti alla disciplina eurounitaria in materia di servizi di investimento.
Sebbene FTX fosse uno dei più noti al mondo tra gli exchange di cryptovalute, non figurando tra i soggetti di cui sopra, almeno fino alla costituzione di FTX EU presso la CySEC, non poteva garantire un livello di tutela sufficiente per gli utilizzatori della piattaforma.
Ne consegue che lo standing mediatico e la reputazione non dovrebbero essere fattori da prendere in considerazione nel momento della scelta dell’intermediario al quale far gestire i propri fondi.